Lo spunto di conservare il vino sott’acqua è probabilmente stato dato dal ritrovamento di un relitto al largo del Mar Baltico nel 2010 a una profondità di 55 metri.
Si trattava di 168 bottiglie di champagne che si trovavano sott’acqua dal 1832 ritrovate dopo un naufragio avvenuto al largo della costa finlandese e pare che la nave fosse in viaggio verso la Russia. Il prodotto, dopo 170 lunghi anni, risultava ancora bevibile e aveva conservato molte delle caratteristiche che aveva in origine. Le tipologie di champagne ritrovate sono Veuve Clicquot Ponsardin, Heidsieck e Juglar, e sono state analizzate da tecnici esperti internazionali guidati da un professore dell’Università di Reims, nel cuore della regione di Champagne.
Questi champagne sono più dolci rispetto a quelli che conosciamo, con una quantità di zucchero pari a 150 grammi per litro rispetto ai 50 grammi per litro di oggi. Le analisi condotte su queste bottiglie hanno permesso ai ricercatori di scoprire che i livelli di alcol erano tra il 9% e il 10%, rispetto a circa il 12,5% odierni. Questo, secondo gli esperti, è dovuto alla tendenza di iniziare la fermentazione primaria entro l’anno, quindi in condizioni più fresche, nonché il probabile utilizzo di lievito madre, che potrebbe essere stato meno efficiente di quello di oggi nel convertire gli zuccheri naturali dell’uva in alcol. I ricercatori trovarono inoltre alti livelli di rame e ferro, probabilmente dovuti all’impiego di solfato di rame nel vigneto per la protezione contro le malattie e di chiodi di ferro nelle botti.
L’analisi più attesa era ovviamente quella del gusto. La maggior parte dello Champagne aveva perso le sue caratteristiche dovute al perlage e alla frizzantezza ma i degustatori notarono che comunque persisteva un leggero formicolio in bocca e il prezioso liquido all’assaggio aveva un intenso profumo, con note di uva, idromele, frutti bianchi, tabacco e rovere.
Da quel momento diversi produttori e case spumantistiche decisero di sperimentare l’affinamento di alcuni loro prodotti sott’acqua, stante delle particolari condizioni che permettono di raggiungere interessanti e persistenti livelli qualitativi. I vantaggi della conservazione sub-marina sarebbero l’assenza di luce, la temperatura fresca e costante e l’alta pressione che faciliterebbe lo sviluppo di un perlage particolarmente fine.
C’è anche poi chi decide di distinguersi dalla massa ed invecchiare il suo prodotto in acqua dolce, nel lago di Iseo, come fa
. Ci sono prodotti speciali dell’eno-gastronomia italiana sconosciuti ai più che sono veri e propri tesori nascosti da scoprire, tesori sommersi sul fondale acquatico, proprio come quelli ricercati dai pirati. C’è un vino spumante che emerge dai fondali del lago d’Iseo e, come tutte le cose magiche, prende il nome dal sottomarino immaginario del romanzo di Jules Verne “Venticinque leghe sotto ai mari”: il suo nome è infatti “Nautilus Crustorico” ed è il primo vino spumante affinato sui fondali del Lago d’Iseo.
Sul sito dell’azienda Agricola della Valcamonica, il tenace vignaiolo Alex Belingheri spiega che l’idea è nata per necessità poiché, pur non possedendo una cantina adatta all’invecchiamento di uno spumante, ha deciso caparbiamente come un vero sognatore di produrre un Metodo Classico, prodotto con Uve Rosse autoctone (Ciass Negher) provenienti da ceppi storici, che hanno fino ad un secolo di vita. Niente Cuvée, solo vendemmia di un anno, trenta mesi sui lieviti, ma affinando il vino in una “cantina” a cielo aperto, calma e silenziosa, per ventiquattro mesi, a quaranta metri di profondità nelle acque del Lago d’Iseo antistanti Monte Isola.
A
lex Belingheri ha la più grande cantina d’Italia con 1.550 bottiglie in fondo al lago perfetta per la fermentazione del metodo classico, con oltre 65 km quadrati a sua disposizione, nel lago d’Iseo. Sono diversi i vantaggi di questa vinificazione ‘ecologica’, come spiegato dallo stesso Belingheri: la temperatura che resta costante a 5 gradi, così come la pressione resta fissa a 4 bar, le profondità del lago che preservano il vino dalla luce e dall’influenza delle fasi lunari e le correnti che accarezzano le bottiglie, svolgono un naturale battonage (il mescolamento delle fecce, depositatesi nel fondo del vino, per riportarle in sospensione, come un balletto perfetto). Inoltre le casse hanno un certo agio, permettendo così al vetro di galleggiare.
Il recupero delle casse, è la manovra più delicata (e costosa) in quanto impegna circa una ventina di persone, tra sommozzatori e manovratori della chiatta. Un’operazione resa possibile grazie soprattutto alla collaborazione con il Gruppo sub Monte Isola della Protezione civile che supporta il progetto.
Ora non ci resta che donare o regalarsi uno spumante all’altezza di un’occasione speciale e sorseggiare finalmente questo speciale nettare degli dei, cullato negli abissi delle acque del lago d’Iseo e portato sulle nostre tavole da un viticoltore impavido.
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